La Storia della Provincia di Teramo

Brevi Cenni

Due circostanze s'impongono a chiunque rifletta sia pur superficialmente sull'odierna provincia di Teramo in rapporto con la regione di cui fa parte: 

  1. è stata la provincia a dare il nome all'Abruzzo attraverso la formula ad Praetutium che richiama la zona italica fra il Tronto e il Vomano. Cioè a causa della sua particolare compattezza ed omogeneità, tale da prevalere agevolmente sulla frammentazione tipica della regione fin dall'età preromana (ancora a metà Trecento il grande poeta popolare aquilano Buccio di Ranallo intendeva per abruzzesi esclusivamente i teramani; per le altre zone, a parte la Marsica, rifacendosi alle singole città); 

  2. questo nuovo nome di Aprutium si è riferito ad un tempo, quanto meno in un primo momento, così alla città come alla diocesi di Teramo (I'argomento della fiera disputa ottocentesca tra il Palma e il Savini), sottolineando in tal modo il vigore con cui l'elemento urbano venuto in essere alla confluenza del Vezzola nel Tordino è incardinato nel territorio.

Queste caratteristiche che hanno distinto costantemente Teramo e la zona che dalla Laga e dal Gran Sasso discende verso I'Adriatico, articolandola in una serie d'insediamenti distribuiti con equilibrio tra la montagna e la collina attraverso le valli fluviali, con esclusione di massima del litorale sabbioso e importuoso, ad eccezione di qualche approdo modesto. Castrum Novum per Castel San Flaviano alla foce del Tordino (ma nel secondo Quattrocento si dovettero abbandonare gli acquitrini intorno alla bella chiesa dell'Annunziata per fondare Giulia in collina), Cerrano per la florida retrostante Atri. Mentre in età romana il fitto reticolo viario consentiva un'armoniosa gravitazione del territorio in direzione della valle del Pescara, verso Penne ed Angulum, I'alto medioevo longobardo ripropose con forza I'antica vocazione italica e picena che aveva ora ad interlocutrici principali Ascoli e Fermo, se no addirittura, nel profondo retroterra appenninico, Camerino e Spoleto. Il Vomano venne così a rappresentare non più un elemento di raccordo, bensì! di sbarramento tra due realtà, abbastanza eterogenee, non a caso separate proprio dal fiume nella loro rispettiva struttura istituzionale ecclesiastica: la diocesi di Penne e di Teramo. La prima aperta alle influenze romane e più tardi normanne e cistercensi che venivano di lontano, la seconda arroccata nella serie suggestiva delle abbazie aprutine che è la risposta consapevole dell'ambiente franco?lombardo in nome di una continuità che aveva in Campli uno dei suoi più efficaci elementi di mediazione, insieme con le valli, dalla Vibrata alla Siciliana. Tale funzione mediatrice venne assunta a partire dalla fine del Duecento con grande splendore culturale ed artistico da Atri, la cui sostanziale autonomia diocesana nei confronti di Penne costituì la piattaforma perché l'elemento politico, giusto un secolo più tardi, integrasse quell'atmosfera col ruolo specifico degli Acquaviva, avvertibile in modo determinante fino a tutto il Settecento e, in sostanza, fino ai tempi nostri. Significativamente il nocciolo di questa grande presenza feudale, la sola integralmente autoctona in Abruzzo, fu sempre rappresentato dalla fiorente e movimentata zona compresa fra il Tordino e il Vomano, Cellino, Morro D'Oro, Notaresco, da cui si dipartivano un po' in tutte le direzioni le principali dipendenze. Atri, in primo luogo, Mosciano e Giulia fino al Tronto da un lato, la Valle Castellana e Rocca Santa Maria dall'altra. Le emergenze che non rientravano nella logica acquaviviana rimanevano isolate e manifestavano o accentuavano la propria decadenza, Campli con i Farnese, Civitella con la sua potenza sostanzialmente fine a se stessa come pure alcune delle valli accennate, la stessa Teramo, che mantenne la propria autonomia proprietaria a patto di subordinarla ad un'autonomia singolare del vescovo e di rattrappirla in un colloquio municipale con Montorio. Solo l'estinzione fisica degli Acquaviva consentì l'estensione a tutta la provincia della "filosofia" proprietaria teramana, integralmente borghese, senza venature aristocratiche e perciò meglio di ogni altro in gradi d'interpretare e dirigere l'Ottocento liberale. Atri venne quindi a perdere qualsiasi funzione distinta all'interno del panorama provinciale subordinata al pari di Penne, all'indiscussa egemonia teramana. La provincia tornò così ad essere la più lucidamente individuabile e definibile all'interno della regione, e tale rimase anche dopo fa creazione di quella di Pescara che pure le sottrasse realtà urbane ed ambientali particolarmente congeniali al suo clima. La scoperta turistica del litorale è quella imprenditoriale della Val Vibrata sono fenomeni degli ultimi decenni che non fanno che confermare la sostanziale tenuta dell'intera provincia anche se gli squilibri interi si sono ulteriormente accentuati.